giovedì 18 giugno 2015

Vi spiego un paio di cose sul lavoro dei creativi.


Lo sapevamo tutti. Lo sapevamo già nel giorno in cui abbiamo deciso che il nostro sarebbe stato un mestiere di concetto e non di pratica. Di idee e non di sudore.
Sapevamo tutti che la nostra sarebbe stata una vita di spiegazioni che no, tu non fai disegnetti su carta, no, quelle non sono fotine, no, l’RGB non è un’associazione segreta, no, veramente l’interior designer e l’architetto non sono lo stesso mestiere.
Il nostro non è un lavoro di fatica, sia chiaro. Nessuno ci vedrà mai con la schiena spezzata, le mani rovinate o le gambe stanche. Per molti versi facciamo parte di una classe privilegiata, che ha potuto scegliere se puntare tutto su quei quattro pensieri in croce che aveva. E molto probabilmente ringraziamo il cielo tutte le mattine per questo.
Quello che probabilmente ci sfuggiva in quel momento era che avremmo dovuto spiegare che non avremmo mai potuto dare un’idea, mentre gli altri lavoravano, perché il nostro lavoro è l’idea, non avremmo potuto mai fare uno scatto al volo perché il nostro lavoro è lo scatto, non avremmo mai abbozzato una locandina “al volo” perché il nostro lavoro è anche la bozza.
Ma soprattutto, non lo avremmo potuto fare gratis.
Perché è questo che succede, se una persona non vede il sudore, non percepisce la fatica, non nota la stanchezza fisica, allora si sente legittimata a chiedere, come se tutto fosse dovuto, come se tu gli stessi mettendo davanti solo un’ovvietà a cui prima o poi sarebbe arrivata da sola.
E allora ti ritrovi davanti all’inetto che contesta il costo orario del tuo essere un disegnatore, un renderista o caddista, perché “ti pare che ci metti così tanto?”, contesta i tempi di postproduzione, contesta il fatto che tu non voglia assolutamente dargli un’idea a titolo gratuito su come potrebbe spostare un muro, attrezzare diversamente una stanza o organizzare meglio il suo appartamento, contesta il tuo onorario da professionista, contesta il tuo prenderti tempo, contesta la tua velocità. Contesta. Perché alla fine “che ci vorrà mai, lo saprei fare anche io!”.

E allora fatelo.

Ma fatelo dall’inizio.

Fatelo passando, nei migliori dei casi, cinque anni con il culo fermo su una sedia a prendere una laurea, fatelo specializzandovi, fatelo frequentando corsi, fatelo essendo curiosi delle cose nuove che vedete, fatelo sviluppando un senso critico, fatelo con spirito di osservazione, fatelo riempiendovi la testa di nozioni che forse non vi serviranno mai ma che fanno di voi un professionista abilitato, fatelo spendendo anche l’ultimo centesimo per comprare apparecchiature utili al vostro mestiere, fatelo passando ore davanti a un pc con la pagina bianca e la consegna lavori che bussa alla porta, fatelo mentre aggiustate ogni piccola cosa, come se tutto concorresse a renderla perfetta, fatelo essendo puntigliosi, precisi, al limite del sociopatico.
Io vi prego, fatelo.


"La creatività è l’azione di produrre qualcosa dal nulla e ciò necessita di rendere pubbliche le scommesse che abbiamo fatto nella nostra mente. Non è una cosa per timidi."

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